giovedì 2 giugno 2016

Bando agli scoramenti. (Da Bagnoregio a Civita di Bagnoregio e valle dei calanchi)


02 Aprile 2016

Pugnaci! Lo ultimo tratto de lo gran cammino de la Tuscia est raggiunto! La gita odierna est breve ma non di minor beltà di altra camminatione. Donna Carla mi porta a Bagnaia, elegante villa da li mirabili giardini et fontane, teatro di scherzi de li viliacchi preti. Da cotal loco poco brancaleonesco moverò da Bagnoregio a la valle de li calanchi a le spalle de lo nomato borgo di Civita di Bagnoregio, covo di turisti inclini al gozzoviglio. Lasciato tal loco di perditione mi sposterò su carrozza a motore verso Orvieto e da lì, con carovana su rotaie tornerò a la mia natal cittade: Tridento.

Itinerario: Bagnoregio - Civita di Bagnoregio


Cammino: 7 km

Percorso a piedi dettagliato: Lubriano - Bagnoregio (da invertire)

Ultimo risveglio in Tuscia,  giornata soleggiata e calda, tavola della colazione fin troppo ricca per un viandante solitario, padrona di casa preoccupata della sufficienza del pasto. Il tempo passa, scandito dalle parlantina incessante di Carla che ribadisce quanto sia importante che io vada a Bagnaia. Tra un caffè e una sigaretta, il rifornimento di benzina e altri piccoli contrattempi, il tempo utile per il giro di oggi si accorcia terribilmente. Non mi posso però lamentare, sono grato di quanto Carla stia facendo per portarmi a Bagnoregio evitandomi una lunga maratona o un improbabile odissea a bordo di autobus o trenini regionali. Uscendo da Vitorchiano salutiamo il Moai di Vitorchiano, purtroppo spostato dalla sua posizione originaria al centro della piazza, e ora collocato indegnamente sul ciglio della strada che porta a Grotte S. Stefano. E' l'unico Moai esistente al mondo al di fuori dell'Isola di Pasqua, donato da alcuni abitanti in visita che lo hanno scolpito nel peperino, materiale molto simile a quello usato per le sculture sull'isola.
Ascolto i racconti di Carla intervenendo poco, penso più al mio viaggio che alle parole che riempiono l’abitacolo dell’auto sgangherata con cui raggiungiamo Bagnaia per visitare Villa Lante, meta inaspettata e diversa dai più selvaggi, antichi e misteriosi spettacoli a cui ho assistito finora.
Non mi soffermerò a lungo sulla descrizione di questa tappa, proprio perché gli eleganti giardini, fontane e i giochi d'acqua ispirati ai quattro elementi, seppure rappresentino un affascinante diversivo non sono animate dallo stesso spirito del Brancammino. Se siete interessati, Wikipedia saprà darvi tutte le informazioni che cercate.



villa lante
Eleganza non brancaleonesca


bagnaia
Fontane anziché forre


bagnaia
Boschi disciplinati

Raggiungiamo Bagnoregio alle undici, le nostre strade si separano temporaneamente qui, per ricongiungersi a Lubriano circa tre ore più tardi.
Se volete evitare la fiumana di turisti e al contempo ammirare Bagnoregio da un punto di vista alternativo, seguitemi per qualche chilometro di quiete, prima di buttarvi nel marasma di Civita di Bagnoregio, la "città che muore", più viva che mai. 
Uscendo dalla città e scendendo nella valle sottostante, si può guardare Bagnoregio dal basso e scoprire che l'attuale borgo posa le sue fondamenta su abitati molto più antichi. Come Corviano e altri luoghi della Tuscia, il grembo roccioso della rupe è stato testimone della successione di numerose civiltà.


civita di bagnoregio
Punti di vista


Tutto questo, oltre ai tranquilli sentieri che attraverso le campagne portano al moderno accesso al borgo arroccato nella valle dei calanchi, passa inosservato, offuscato dalla notorietà di Civita di Bagnoregio, uno dei simboli della Tuscia e tra i più noti borghi medievali in Italia.



calanchi
Simbologia della Tuscia
 
Finita la quiete, la tempesta di turismo mi attende fragorosa all'inizio del ponte che porta all'ingresso del paese. Su Civita ho già avuto occasione di esprimermi qui. Dentro la chiesa di S. Donato formulo altri pensieri.
Sia lodata la chiesa nei giorni di arsura! il posto più fresco della città, abbondanti posti a sedere e l'ovvio religioso silenzio dove ragionare e appuntare qualcosa sul taccuino. Non c'è dubbio che Civita di Bagnoregio, poggiata su quella rupe dal colore rossastro, diverso dal grigio del peperino visto finora, offra un impatto visivo quasi impareggiabile, ma appena varcata la porta di S. Maria prevale la sensazione di entrare in un mondo finto, costruito a misura di turista, una sorta di parco giochi a tema medievale, non un autentico borgo come gli altri undici visitati prima di questo.  Una proliferazione di trattorie, negozietti di souvenir e artigianato locale (di quale località poi, non sempre è chiaro), trappole per turisti felici di farsi spennare nel medioevo del terzo millennio, opposte alla genuina autenticità di altri borghi meno noti. Certo sono più scassati, abbandonati, silenziosi e noiosi di Civita, ma è lì che si dovrebbe andare per percepire una vera sensazione di sospensione del tempo ed alienarsi dal mondo passeggiando negli angusti vicoli tra le case in peperino muschiato. Forse nello scrivere questa critica pecco di snobismo nei confronti del turismo di massa, ma è difficile pensare altrimenti dopo il giro che ho fatto fino qui.
Non fraintendetemi, il borgo medievale è più che meritevole di una visita, solo dico che per un più lungo viaggio in Tuscia non merita troppa importanza ed è consigliabile ritagliarsi del tempo per qualcos'altro di altrettanto stupefacente. Nelle immediate vicinanze si ha già un assaggio di una meta meno frequentata, si tratta della valle dei calanchi, che poi è il vero interesse della mia visita qui, visto che appare nel film "L'armata Brancaleone".


Alfin li calanchi!

La si raggiunge attraverso una delle antiche entrate alla città, il cosidetto "Bucaione": una galleria scavata nella roccia che porta direttamente al paese. Numero di persone in visita di questa spettacolare opera? Bravi... Non è indicata da nessuna parte, eppure è lì, sotto ai piedi di centinaia di persone intente a gozzovigliare, completamente disinteressate a quello che c'è oltre al recinto che gli hanno disegnato. Fatti non foste, eccetera, eccetera. Parole al vento.


Varcare i confini
Lasciamo pure i problemi del turismo di massa e torniamo sul sentiero seguendo i consigli di un vecchino incontrato poco prima dell'uscita dalla città, che dall'alto della rupe e della sua esperienza, mi ha indicato la via per Lubriano. Ma davvero pensate che possa concludere il Brancammino senza nemmeno un intoppo da più di due giorni e cinquanta chilometri? Bravi... La stradina porta verso valle e chissà da quanto tempo nessuno la percorre più, visto che in alcuni tratti si è costretti a fare il limbo sotto dei tronchi di castagno caduti sulla via. 
Il percorso che passa attraverso questa autentica mecca del turismo è un'ottima dimostrazione di quanto a volte basti veramente poco: una deviazione imprevista, una staccionata scavalcata, qualche passo in più, per scoprire uno scorcio più raro e per questo più pregiato, guadagnato grazie alla propria creatività e non offerto da una guida o un opuscolo. Ciò che conta in un viaggio è provare il piacere della scoperta e spesso non serve compiere una grande impresa per raggiungerlo.


Civita inedita
 
La vista di Civita come la vedeva chi proveniva dalla valle dei calanchi, unico modo di raggiungerla prima della costruzione del ponte nel 1965, è il mio personale piacere odierno. Perdermi invece nei calanchi seguendo sentieri fuorvianti, scavati da vacche e tori più che da uomini, è invece un piccolo dispiacere che mi impedisce di raggiungere Lubriano, ma non di divertirmi come un ragazzino a scalare su e giù per le bizzarre forme di questa valle. Cerco a lungo il sentiero fino ad imbattermi in una piccola mandria di tranquille vacche. La supero e proseguo nell'infruttuosa ricerca, quando poi incrocio lo sguardo con un toro con due palle grosse come noci di cocco a penzoloni tra le zampe, decido di tornare sui miei passi e mi pongo l'obiettivo alternativo di raggiungere il grande sperone di roccia rossa che domina la valle. 


Porsi un obiettivo

Sceso da lassù tornerò a Bagnoregio, dove mi accordo di incontrarmi con Carla.
Rientro nel borgo medievale, sporco di fango, erba e sterco, puzzolente di sudore, la faccia paonazza, gli scarponi forati, un bizzarro bastone saldo nella mano, zaino in spalla, agghindato da esploratore improvvisato; sono il più sorridente di tutta Civita di Bagnoregio.

Qui non si vede...

Cammino sotto l'ombra dei vicoli del borgo e le occhiate dei turisti incuriositi da questo bizzarro viandante, fino a raggiungere la piazza di Bagnoregio.
Quasi non ci credo, dopo circa centottanta chilometri in otto giorni, lo Brancammino est concluso! Deus vulte, et Deus ottene!
Vorrei poter riposare un po' e gustare la riuscita del cammino, felice di aver completato, forse per primo (sicuramente uno dei pochi), uno straordinario viaggio. Devo però raggiungere Orvieto in auto e da lì viaggiare in treno verso Trento. Carla mi fa guidare l'auto fino alla città umbra che non avrò tempo per visitare. Il borgo medievale che balugina sul colle rimarrà un miraggio visto dall'auto, un altro luogo annotato sulla lista di cose da recuperare che sta diventando piuttosto lunga. C'è giusto il tempo di un saluto, un panino al bar della stazione e un cambio di costume nel bagno al binario.
Dopo più di seicento chilometri di servizio in diversi paesi e terreni, è il momento di mettere in pensione gli scarponi, ormai quasi inservibili. Mi  dispiace dover salutare questi fedeli compagni di viaggio, non ha senso però portarli a Trento appestando l'intero vagone solo per buttarli via. Li appendo alla grata di una finestra della stazione, se per caso passaste ad Orvieto e trovaste ancora degli scarponi appesi, saprete che sono quelli che hanno calpestato i sentieri attraverso Capodimonte, Marta, Tuscania, Viterbo, Soriano nel Cimino, Caprarola, Ronciglione, Nepi, Falerii Novi, Corchiano, Orte, Bassano in Teverina, Chia, Bomarzo, Vitorchiano e Bagnoregio. Mentre penso a questa lista, le più iconiche immagini del viaggio mi scorrono davanti agli occhi, ogni immagine un'emozione diversa, fino all'ultima: il treno che entra nella stazione, una piacevole malinconia che accompagna la felicità durante il ritorno sul mezzo che mi porterà a casa.

Fedeli compagni

Guardo i paesaggi che si inseguono al di là del finestrino: delicate colline, placide campagne punteggiate di curiose formazioni geologiche e paesini arroccati; non posso evitare di chiedermi se siano percorse da sentieri, se nascondano anche loro delle meraviglie trascurate. Vorrei avere il tempo per continuare a camminare, viaggiare lentamente nell'unico modo che permette davvero di esplorare, perché solo a piedi si viaggia con tutti i cinque sensi. E' ora però di lasciare queste terre meravigliose e pensare al prossimo viaggio.
Spero vi sia piaciuto leggere e seguirmi in questo viaggio quanto a me è piaciuto organizzarlo, compierlo e descriverlo, che per me è stato come ripetere le esperienze vissute in Tuscia, questa volta però in compagnia, anche se spesso sconosciuta.

Ricordate, oh pugnaci: Baldanza!!

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